
Una grossa novità potrebbe a breve inondare il mercato degli strumenti finanziari.
Certamente non una novità per gli esperti del settore che da anni sentono i governi parlare delle buone intenzioni per mettere in pista questa riforma che però ad oggi non ha ancora visto la luce.
Stiamo parlando della proposta di raggruppare REDDITI DI CAPITALE e REDDITI DIVERSI sotto un’unica categoria e voce reddituale seguendo un principio di cassa.
Cosa significa tutto ciò?
Per rendere semplice e pratica la spiegazione partiamo dal concetto che il nostro investimento, al momento della sua liquidazione genererà un guadagno o purtroppo una perdita.
La legge italiana prevede che le perdite possono esse però compensate dai guadagni futuri entro il 4 anno successivo dall’anno rispetto in cui essa si è generata.
Non tutte le plusvalenze possono però essere facilmente compensate poiché il nostro sistema fiscale differenzia redditi da capitale (come ad es. interessi, cedole e dividendi) da redditi diversi (plusvalenze e minusvalenze su azioni, obbligazioni, titoli di stato, ETC, ETC…).
Le plusvalenze da redditi diversi potranno ad es. compensare perdite appartenenti alla stessa categoria.
Guadagni su redditi da capitale non possono compensare perdite su redditi diversi e viceversa.
Quando poi si lavora con fondi comuni d’investimento e ETF le minusvalenze ottenute dalle operazioni sono considerate dal fisco come redditi diversi mentre le plusvalenze sono considerate come redditi da capitale.
Non è possibile quindi compensare perdite su Fondi e ETF con guadagni su Fondi e ETF.
Questo meccanismo oltre che essere concettualmente ingiusto è estremamente penalizzante per i risparmiatori e consulenti che spesso devono inventarsi operazioni maggiormente complesse su singoli titoli azionari, obbligazionari e/o strumenti derivati per poter compensare le perdite.
Ad oggi il grafico sottostante rappresenta il modo in cui è possibile compensare le perdite sugli investimenti:

Fonte Tabella: Altroconsumo
La riforma che ancora non ha visto la luce si estrinsecherebbe nella eliminazione delle distinzioni tra Interessi, Dividendi e Capital Gain accomunandoli all’interno di un’unica categoria fiscalmente rilevante destinata a valere per tutte le tipologie di proventi e perdite da investimenti.
In questo modo qualsiasi guadagno ottenuto nel futuro andrebbe a compensare le perdite neglii orizzonti temporali di riferimento (ad oggi 4 anni) indipendentemente dallo strumento prescelto.
Dal mio punto di vista tale riforma dovrebbe essere non solo auspicabile ma un trionfo dei diritti del risparmiatore al fine di vedersi garantito quel principio di equità negli investimenti che oggi risulta essere penalizzante a favore invece del fisco che incassa le proprie tasse sul capital gain nonostante il contribuente abbia in un recente passato ottenuto delle perdite.
Questo cambiamento avrà anche un forte impatto nel metodo in cui si investe perché non dovremo più inventarci strategie di recupero minus esclusivamente su alcuni strumenti ma potremo invece guardare il mercato a 360° e concentrarci sulla nostra Asset Allocation coerentemente al nostro profilo di rischio e orizzonte temporale.
Non ci resta ora che incrociare le dita.
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**Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.