Normalmente il TFR viene utilizzato come autofinanziamento a bilancio delle aziende ma c’è da ricordarsi che invece è a tutti gli effetti un debito a carico dell’azienda poiché sono soldi dei dipendenti che volendo o no prima poi usciranno dalle casse della azienda.

Sono invece ancora tante le aziende che interpretano il TFR come autofinanziamento ed è comune che esse storcano il naso quando i dipendenti chiedano (e giustamente) il trasferimento del TFR presso il loro fondo pensione.

Sarebbe sufficiente però uno studio della materia per comprendere che anche le imprese trarrebbero un beneficio considerevole nel conferimento del TFR al fondo pensione convenzionato. 

Perché?

IL TFR IN AZIENDA È UN COSTO

Il TFR dovrà essere rimborsato ai dipendenti e per questo motivo costituisce un costo del lavoro nella misura del 7,14% della retribuzione lorda dei dipendenti. Molte aziende costituiscono gelosamente a riserva il TFR utilizzandolo come autofinanziamento senza tenere conto che, prima o poi, il debito dovrà essere pagato.

Il TFR è a tutti gli effetti un COSTO sui cui vengono pagati anche gli interessi (vedi i versamenti al fondo garanzia e la rivalutazione)

Nemmeno il conferimento al fondo pensione comporta ovviamente l’eliminazione di questo costo ma permette almeno di eliminare parte dei costi che gravano sull’azienda per il semplice fatto di doverlo tenere in cassa.

I VANTAGGI DEL FONDO PENSIONE LATO AZIENDA

Sono previste diverse misure compensative per le imprese che conferiscono il proprio TFR a una forma di previdenza complementare sia dal lato fiscale della tassazione sia attraverso l’agevolazione nei contributi. Vediamo nel dettaglio:

AGEVOLAZIONE CONTRIBUTIVA:

  • rivalutazione del TFR.
  • versamento dello 0,20% del monte retributivo lordo al fondo di garanzia INPS.

AGEVOLAZIONE FISCALE:

  • Deduzione del 4% o del 6% dalle imposte sul reddito d’impresa (IRES)
  • Esonero versamenti dei contributi sociali alla gestione prestazioni temporanee INPS corrispondenti allo 0,28% della Retribuzione Annua Lorda (RAL) complessiva dei dipendenti.

Quindi un doppio beneficio derivante sia da una minore imposizione fiscale sia da un minor costo a causa dell’assenza del versamento al fondo di garanzia e dell’esenzione della rivalutazione TFR.

Pur se le cifre non siano astronomiche si parla comunque di rilevanti risparmi.

Facciamo un esempio:

Un’azienda con 10 dipendenti di cui nessuno ha chiesto di versare il proprio TFR nella previdenza complementare. L’azienda ha un costo medio delle retribuzioni di 300.000 euro e il TFR ammonta al 6,91% di questa cifra ovvero 20.730.

A quanto ammonta il risparmio?

  • ESENZIONE RIVALUTAZIONE TFR: ad agosto 2022 il coefficiente è del 5,94% (Fonte assolombarda.it) con un risparmio quindi di 1.231,36 euro.
  • ESENZIONE CONTRIBUTO AL FONDO DI GARANZIA INPS: ovvero lo 0,20% sul RAL totale ovvero 300.000 euro cioè 600 euro annui.
  • DEDUZIONE DEL 6% DAL REDDITO DI IMPRESA: Su un TFR complessivo di 20.730 ipotizzando l’IRES al 24% abbiamo 298,5 euro annui di deduzioni.
  • DEDUZIONE ONERI FISCALI: Il 0,28% di 300.000 euro di retribuzioni annue sono 840 euro l’anno.

Tutte queste voci hanno contribuito ad un risparmio annuo di 2.969,86

CONCLUSIONI

Anche dal lato azienda la previdenza complementare ha dei forti benefici che però devono essere supportati da una sufficiente liquidità aziendale. È vero che molte volte le aziende preferiscono usare il TFR come autofinanziamento per fare investimenti interni ma dall’altra parte è bene ricordare che in caso di un equilibrio economico e finanziario l’azienda razionale è quella che riesce ad evitare ulteriori costi sul proprio bilancio e anzi ottimizza la propria liquidità riconoscendo il TFR per quello che è ovvero un costo non eliminabile sui cui gravano anche gli oneri sopra menzionati se tenuto in azienda.

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